Gruppo di indirizzo

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Paolo Apolito
Antropologo culturale

Nelle società tradizionali la danza era la rappresentazione – la drammatizzazione – dei ritmi comunitari quotidiani. Ci si muoveva a tempo nella vita ordinaria per poter poi andare a tempo nelle occasioni festive della danza. Nella società contemporanea e metropolitana invece i ritmi quotidiani non sono spesso condivisi, perché le persone sono separate e i gruppi mescolati e inoltre frammentati al loro interno. Nelle società tradizionali non c’era bisogno di andare a “scuola di ballo”, poiché era il ritmo collettivo quotidiano che veniva formalizzato nella danza festiva. E lo si apprendeva dalla nascita, semplicemente vivendo nella propria comunità. Oggi invece si va a scuola di ballo proprio per apprendere ritmi, e questi non sono l’estensione festiva della quotidianità, ma una “lingua” nuova. Dunque la danza non “rappresenta” una comunità già costituita, ma la costituisce proprio attraverso la condivisione ritmica (appresa). Comunità volatile, che finisce quando cessa la danza. Però quando la condivisione ritmica della danza è efficace, e quando è inserita in un orizzonte “politico”, può fare comunità stabile.

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Antonio Damasco
Direttore rete italiana di cultura popolare, drammaturgo e attore

“Confesso di non sapere ballare, di non conoscere i movimenti giusti, di muovermi senza avere l’alfabeto dei passi.
Ma parto dall’idea che il ballo non è orfano di luogo, rito e comunità, anzi ne è parte inscindibile. Nel mio girare per valli e paesi ho visto anziani ballare in modo così sgraziato che era impossibile non rimanere incantati e giovani donne indossare lunghe gonne colorate che non avrebbero mai immaginato di possedere.
Del ballo mi piace il momento prima, la preparazione, gli occhi attenti, la notte che apre la piazza.”

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Antonella Frontani
Giornalista e scrittrice

“Oltre al fondamentale aspetto popolare del ballo, alla sua forza di aggregazione sociale e territoriale, Balla Torino potrebbe creare una sezione della manifestazione dedicata alla filosofia della danza e all’elaborazione concettuale del movimento.
Questo concetto, che potrebbe sembrare solo molto astratto e lontano dalla passione istintiva per il ballo, è invece ad essa molto collegato.
La danza, infatti, offre infinite possibilità espressive nel mondo teatrale, oltre ogni insegnamento accademico perché il rapporto tra la motivazione del gesto e la sua espressione è un bellissimo modo per cogliere l’intimo significato della danza, il suo messaggio estetico drammaturgico.”

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Lorenzo Immovilli
Direttore dello Spazio Gerra di Reggio Emilia, musicologo

“Stasera la gente fa fatica a ballare”; parole preoccupanti per tutti coloro che lavorano nei locali da ballo o che organizzano feste.

Se la gente non balla, sostanzialmente non si lascia andare fino in fondo, non si diverte come potrebbe, di conseguenza ha più difficoltà a socializzare, a dialogare col proprio corpo, soffoca qualcosa di istintivo e ancestrale che fa parte della natura umana: muoversi a ritmo di musica. Spesso nella storia ha rappresentato l’unico momento di svago, leggerezza e incontro che una vita di fatiche riusciva a concedere anche a chi non disponeva altro lusso che quello del vestito per andare a ballare; celebrarla nel presente come elemento tuttora fondamentale di dialogo con sé stessi e soprattutto di socializzazione e condivisione, è quanto di più salutare si possa fare.

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Luca Morino
Musicista e produttore

“Ballare è una pratica direttamente collegata alla musica, sia dal punto di vista strettamente pratico, cioè per ballare (tranne alcune rarissime eccezioni) ci vuole la musica, sia dal punto di vista culturale e di costume.

Ogni ballo può portare con sé una disciplina di apprendimento e di pratica (come il tango e il flamenco, ad esempio) ma anche uno stile di vita, un modo di vestire, un modo di stare insieme. Dai raduni di massa di musica elettronica al liscio per pensionati nei centri d’incontro è sempre possibile intercettare qualcosa di più del semplice muoversi seguendo un ritmo.

Un’alchimia tanto affascinante quanto poco codificabile.”

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Alessandro Pontremoli
Presidente del Corso di Laurea in DAMS e docente di Storia della danza all’Università degli Studi di Torino

Danzare coincide con la rivelazione del movimento della libertà umana, che quando comincia un’azione crea un punto di contatto tra il mondo delle connessioni causali e il suo libero porsi in azione come causa efficiente del proprio agire.

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Catterina Seia
Presidente CCW-Cultural Welfare Center, Vice Presidente Fondazioni Medicina a Misura di Donna e Fitzcarraldo

Dall’inizio della storia dell’uomo la danza è gioia. La gioia, dal suo etimo sanscrito, è legame. Con sé e l’altro da sé. Con il mondo.

Danzando connettiamo corpo e mente. Condividere l’esperienza contribuisce a creare senso di appartenenza, ad aumentare capacità di collaborare e comunicare, l’autostima. Sono gli ingredienti di  ciò che OMS definisce “abilità per la vita”,  necessarie allo  sviluppo del potenziale  individuale, alla realizzazione, alla resilienza alle avversità e  alle cadute. Basi per  costruire ben-essere in ogni stagione dell’esistenza, partendo dai primi  cruciali mille giorni di vita in cui si costruiscono le basi dello sviluppo neuronale e relazionale, preparando la qualità degli anni d’argento.

Oggi, un corpo crescente di evidenze scientifiche ne acclara il valore. Per prevenire e gestire le complessità. Per il piacere di vivere. Tutte e tutti. Insieme.

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Elisa Guzzo Vaccarino
Dance critic and scholar; now tango dancer

Avere orecchio con il corpo; tenere il tempo; condividere; perché privarsi di ballare, per l’antico pregiudizio che la mente vada allenata, mentre il corpo- materia bruta- vada controllato e represso?
Triste chi non gioisce della musica con tutto/a se stesso/a, ballando o vedendo con i neuroni a specchio le meraviglie della danza.